lunedì 5 aprile 2010

Una lunga pausa


Forse qualcuno di voi avrà notato che, negli ultimi due mesi circa, c'è stata una costante diminuzione di post pubblicati... prima due alla settimana, poi uno, poi di nuovo due, insomma, un lento scendere fino alla recente assenza di aggiornamenti. Quello che state leggendo vuole essere da prima una scusa per quelle, purtroppo poche, persone che ci hanno seguito costantemente e con entusiasmo, e poi vuole dare una breve spiegazione alle motivazioni che ci stanno portando a mettere in dubbio non solo la "forma blog" come metodo comunicativo, ma anche il nostro preciso interesse nel provare, se non a "fare informazione", almeno a trasmettere idee, opinioni, notizie. Tenere un blog come il nostro è un impegno difficile da mantenere se non sostenuto da soddisfazioni, da motivazioni... e proprio quest'ultime due, negli ultimi due mesi, sono venute a mancare.

Ho intenzione di mantenere un impegno costante verso il blog? Provo interesse nel trasmettere le mie opinioni? Quello che scrivo, e che quindi penso, interessa agli altri? E' questo il modo giusto di comunicarlo?

Queste sono per ora le domande che ci passano per il cervello, e che speriamo possano trovare risposta durante questa lunga pausa.

Staff mdf

lunedì 15 marzo 2010

Suicidio assistito


Si parla spesso di morte assistita. Si distinguono i vari casi. C'è chi si arrabbia sull'accanimento terapeutico e chi è a favore del diritto alla vita. Vorrei riportare un articolo comparso sul sito Pensierimayur su una legge stravolgente degli Stati Uniti. In questo caso si va addirittura oltre i casi limite discussi in Italia... Senza fare conclusioni affrettate o tirare giudizi superficiali sarebbe bene riflettere su una presa di posizione coraggiosa, azzardata, magari non condivisibile, però accettata dai cittadini:

"Quasi il 60% degli elettori ha sostenuto la legge, che è entrato in vigore il 5 marzo 2009, rendendo Washington il secondo stato dopo Oregon a consentire al medico -SUICIDIO ASSISTITO
:
Ai sensi della legge, un residente di Washington che ha almeno 18enne , mentalmente competente a cui è stata diagnosticata una malattia terminale che dà loro sei mesi o meno di vivere, può chiedere di essere somministrata una dose letale di farmaci da un medico. La legge è basata sul modello di una legge adottata nel 1997 da Oregon, dove 460 persone sono morte finora.

Primo anno di Washington di suicidio assistito, ha visto 63 persone esercitare il diritto di morire diritto, di cui 47 sono effettivamente morte - 36, con l'aiuto di un sovradosaggio, sette con la loro malattia e quattro per cause sconosciute. L'età di coloro che sono morti per overdose di barbiturici variava dai 48-95.

Più della metà di coloro che hanno voluto la procedura erano uomini, con le donne ferme al 45%. Stragrande maggioranza, i partecipanti erano affetti da cancro. Il motivo principale per cui hanno deciso di porre fine alla loro vita era che perdevano autonomia - un problema sollevato da tutti i 36 che sono morti.

Gli oppositori della legge avevano paura che le persone anziane potrebbero essere costretti ad uccidersi a causa che si vedono come un onere finanziario. Infatti, un quinto di coloro che sono morti erano preoccupati di essere un peso per la famiglia, gli amici o accompagnatori. Un partecipante ha citato le implicazioni finanziarie di un trattamento sanitario, come un fattore, anche se tutti coloro che avevano accettato il suicidio assistito avevano l’ assicurazione sanitaria.

Un gruppo di medici che si oppone alla legge, ha sottolineato che il medico che ha prescritto il sovradosaggio è stato presente solo in tre dei 36 casi in cui il farmaco è stato preso. "Senza un imparziale, testimone disinteressato al momento della morte non c'è modo di sapere se il paziente è sano di mente ... quando l'ingestione ha avuto luogo, o anche se il paziente ingerito volontariamente"

Ma Tom Preston, direttore medico , un sostenitore del diritto di morire, ha detto che lo screening psicologico è stato effettuato al fine di garantire che tutti i pazienti erano in grado di fare una scelta informata."

Questo è ciò che si legge. Ognuno può farsi la propria idea su un argomento che secondo me non ha diritto di avere una filosofia giusta e una sbagliata....ecco il motivo per cui sono scettico addirittura sul fare una legge a riguardo...

lunedì 8 marzo 2010

Borsa mia quanto mi costi


Un articolo di questo mese apparso in “Le monde Diplomatique” fa riflettere sull'effettivo ruolo della borsa nell'economia mondiale confrontato con il peso che in realtà le viene assegnato. In tempi di crisi si sente molto discutere della borsa e della sua importanza anche come indice di benessere dell'economia. Ma quale economia: reale o fittizia? Il titolo molto provocativo “E se si chiudesse la borsa?” mette subito in luce il punto di vista dell'articolo.

La borsa nasce dall'idea che mentre alcuni (i risparmiatori) hanno del contante in eccesso e desiderano farne qualcosa che lo faccia aumentare, ovvero investirlo in qualcosa di produttivo, vi sono altri, le imprese, che invece necessitano di contante per lanciare una certa attività, con la speranza che questa frutti più di quanto faccia spendere. A differenza dell'indebitamento bancario (il mutuo ad esempio), il capitale versato dall'azionista (il risparmiatore) è permanente e quindi il costo del finanziamento è molto più basso. In poche parole l'azionista è d'accordo con l'impresa a dargli del denaro (quasi) gratis con la promessa che i suoi guadagni (perdite) saranno proporzionali ai guadagni (perdite) dell'azienda.
Secondo l'articolo tutto questo in realtà non accade:

La borsa non finanzia le imprese. Infatti sono più i soldi che le imprese danno alla borsa che viceversa. Queste infatti sono costrette a comprarsi le proprie stesse azioni al fine di aumentarne il valore. Le imprese inoltre, per restare nel circuito borsistico, sono indotte non a migliorare la qualità, ma solo ad aumentare i profitti. Questo si rivela devastante in particolare per le imprese che offrono servizi pubblici, come ad esempio le ferrovie. (Recente lo scandalo che ha colpito la Deutsche Bahn a Berlino per risparmiare sulla manutenzione delle metropolitane al fine di aumentare il capitale aziendale in vista dell'entrata in borsa)

Nonostante tutto ciò i capitali borsistici aumentano sempre di più nonostante le imprese (ovvero coloro che dovrebbero farne uso) non aumentino ma anzi. Il risultato è che il mercato si chiude su sé stesso, non vengono finanziati progetti industriali nuovi ma solo l'inflazione di certe azioni già in circolo. Il finanziamento dell'economia reale (quella produttiva, quella che dà lavoro) risulta così sempre più estraneo alla borsa. Lo dimostra anche il fatto che la schiacciante maggioranza della produzione, fatta dalle piccole e medie imprese fa completamente meno della borsa.

L'articolo conclude così sottolineando come chiudere la borsa quindi non solo eliminerebbe un ente inutile e dannoso ai fini del capitalismo reale e quindi del lavoro e della ricchezza delle nazioni, ma eliminerebbe anche lo spettro della “ricchezza flash” ricordando che il denaro si guadagna solo nella misura delle possibilità della remunerazione del lavoro. Un bisogno dunque di riflettere sul vecchio detto “la fossa viene dal campo” che caratterizzava una civiltà, quella contadina appunto, che altro non conosceva se non l'economia reale.

lunedì 1 marzo 2010

L'era della prescrizione


In questi giorni è passato un po' sottovoce un evento, non storico poichè alquanto assurdo e non credibile dai nostri posteri.
Un evento come tanti dello stesso genere che stanno caratterizzando la nostra "era della prescrizione".
Proprio di prescrizione voglio parlare, in termini meno formali di quanto farebbe un avvocato, in termini meno oggettivi di un giornalista, ma da pubblico cittadino.
L'evento scatenante della mia riflessione è la fine del caso Mills: l'avvocato inglese David Mills è stato riconosciuto colpevole di aver testimoniato il falso nel processo All Iberian e Guardia di Finanza allo scopo di favorire l'imputato (il nostro Premier) e di aver incassato per quell'azione 600mila dollari. Ma il fatto si sarebbe verificato nel novembre 1999 e per tanto sarebbe prescritto, anche a causa della lunghezza dei tempi con cui è stato condotto il procedimento giudiziario.
Partiamo dalla definizione di Prescrizione in parole semplici: "La prescrizione nell'ordinamento penale italiano indica l'estinzione di un reato a seguito del trascorrere di un determinato periodo di tempo."
Il tempo necessario a prescrivere un reato varia in considerazione della pena stabilita. I reati per i quali è prevista la pena dell'ergastolo non sono prescrittibili.
Senza addentrarsi nei dettagli è facile capire i motivi della prescrizione, legati al principio di ragionevole durata del processo.
Guardiamo la prescrizione da entrambi i punti di vista a grandi linee:
  • Accusato: se non si viene accusati dopo un certo periodo di tempo, difficilmente verranno portate prove schiaccianti, quindi lo Stato decide di non occupare più risorse per il caso. Inoltre non è giusta la presunta colpevolezza per il resto della vita per una persona magari innocente.
  • Vittima: dall'altro lato, dopo un periodo di tempo cinico, assurdo, legato a un reato che in qualche modo viene pesato, si vedono scomparire tutte le speranze di giustizia anche se in futuro fosse riconosciuto il colpevole.
Ora io mi chiedo, ma come si fa?! Vi rendete conto?! Senza addentrarci in casi pietosi che fanno scena, continuiamo con i processi del nostro Premier, rappresentante dell'Italia nel mondo, modello (in teoria) dei cittadini italiani. Usando la legge, rinviando i processi, cavalcando il trascorrere del tempo, una persona si può definire "colpevole ma prescritta". Figurarsi poi se in un Paese come il nostro tutto ciò fa notizia, figurarsi se passano per la testa le dimissioni, figurarsi se qualche tg avesse dato notizia della sentenza.
Leggendo un articolo di De Magistris:
" Forse non capiamo noi, forse siamo troppo accecati dall'accanimento contro Berlusconi, forse abbiamo smarrito ogni forma di garantismo, ma la sentenza con cui le sezioni unite penali della Cassazione si sono espresse sul caso Mills, non giustifica proprio l'ottimismo e il senso di rivincita che provengono dalle file del centrodestra. (...)La legge e la democrazia nel Paese sono sospese. Senza il minimo senso di pudore etico, quello che porterebbe a dimettersi dalla carica di premier colui che è implicitamente riconosciuto, anche dalla sentenza di oggi, come il mandante di un corrotto, cioè l'avvocato Mills, il deus ex machina dei conti off shore della Fininvest (l' "oscuro" Gruppo B su cui la magistratura si è a lungo concentrata)."

Su Wikipedia si leggono invece dei dati, non tanto recenti, quanto sconcertanti:

"Sono preoccupanti per il sistema giuridico le cifre che riguardano il ricorso alla prescrizione. Infatti se nel solo 1996 i processi conclusi con sentenza di non luogo a procedere per prescrizione dei termini si contavano in 56.486, nel 2003 gli stessi sono saliti a 206.000, quadruplicando."

E oggi?Nel 2010? In un futuro dove ci sono sempre più avvocati e l'ostruzionismo ai processi sarà sempre più di moda?!

Essendo un po' ignorante in materia mi chiedo se un pazzo, compiuto un reato, scappasse in Sud America...se dopo vari anni tornasse in italia, il suo reato sarebbe magari caduto in prescrizione sbaglio?! Quindi, questo maniaco potrebbe continuare a girare per le nostre strade senza problemi, rischiando magari di compromettere la vita di qualcun'altro?! Se qualcuno ha una risposta...
E magari sarei felice di sapere il motivo per cui devo essere rappresentato da dei politici legalmente condannati...?!

lunedì 22 febbraio 2010

Una malafede culturale


Mi è capitato di assistere in questi giorni ad alcune scene svoltesi in Paesi e quindi culture diverse che mi fanno riflettere su alcuni aspetti. A volte si pensa che sia sbagliato il sistema, la legge, le riforme...senza mai pensare alla cultura e al modo di pensare del Paese in cui siamo nati.
Prendiamo come esempio la giustizia o meglio, come ci si approccia a rispettarla: negli Stati Uniti succede di tutto e di più, ma a differenza di quanto si possa credere c'è molto più rispetto della giustiza di quanto ce ne sia nel nostro grande paese morale, in cui tutto è soggettivo, tutto è opinabile. Perchè noi abbiamo la Democrazia (= tutti alla fine fanno un po' ciò che vogliono).
Facciamo degli esempi banali. Negli altri Paesi, quando qualche personaggio pubblico, famoso, compie uno sbaglio deve accettare due conseguenze:
  1. Accettare la pena proporzionale al proprio sbaglio
  2. Porgere le scuse pubbliche a familiari e alla società
Negli ultimi giorni abbiamo assistito alla vergognosa esibizione di Tiger Woods. Sono chiaramente delle scene formali, un'ipocrisia senza frontiere: chiedere scusa per il troppo sesso che ha sentito il bisogno di fare al di fuori del proprio nucleo familiare...fa sorridere. Certo, e se fosse successo da noi? Woods qualsiasi cosa si voglia dire, davanti a tutto il mondo si è dovuto abbassare i pantaloni (non che fosse a disagio...). In Italia la prima regola in assoluto è:"negare tutto, anche l'evidenza". Se qualcuno viene beccato con una squillo stava chiedendo indicazioni stradali, se un giocatore viene trovato dopato la colpa è della fidanzata che durante la notte lo ha violentato, se uno è un serial killer verranno sicuramente fuori problemi infantili. E allora si va davanti a un giudice?! Giusto, sentenza: 20 anni! No, si va in appello: sentenza 10 anni! Si riccorre al Tar, sentenza: 5 anni. Si ricorre al diritto sul libero arbitrio...."Vai sei libero".
Chiaramente stiamo scherzando, son discorsi da bar se non si coglie il succo della riflessione. Un personaggio famoso, modello di migliaia di giovani, di cittadini, ha dei doveri verso la società. Ha la responsabilità, insieme all'onore, di essere un punto di riferimento. Un suo sbaglio non è lo stesso sbaglio di una persona comune. Ecco che una cultura civile dovrebbe accettare le decisioni giudiziare, sportive, scolastiche, senza opporsi oni volta, senza vedere ovunque inciuci e incastri.
Uno tra i giocatori migliori della Nba americana, Gilbert Arenas, un giorno ebbe la bella idea di portare una pistola all'interno dello spogliatoio per fare un po' il personaggio con i suoi compagni. Il presidente Nba, sapendo dell'accaduto, ha squalificato il giocatore per tempo indeterminato, senza stipendio, obbligando Arenas a chiedere scusa in conferenza stampa se in un futuro non prossimo, vorrà rimettere piede sul parquet.
Nessuno ha mosso un dito. C'è stata una decisone presa da una persona responsabile, la quale è vista come colui che decide per il bene della Nba e della società americana. Non ci sono stati ricorsi o sconti, ma solo delle scuse pubbliche e la certezza della pena.
Se fosse successo da noi?Magari a un giocatore dell'Inter...? Rischiavamo che venisse giù Montecitorio o S.Pietro...
E se una maestra pensa di bocciare un alunno?! Ma è pazza?! Lei è sicuramente una persona frustrata dalla vita che riversa i dispiaceri sui giovani. Perchè invece non si pensa che magari è il bene del bambino?! Poi, alla fine, si scoprirà che quella maestra era un'alcolista anonima, ma non mi so spiegare perchè in questo Paese bisogna pensarlo subito?!
Quindi secondo il mio modesto parere, non son tanto le riforme che fai, quanto la mentalità che qualsiasi cambiamento, qualunque decisione, ogni scelta, viene presa come un torto, un decreto ad personam, una mossa dittatoriale. Il brutto però è che non è colpa dei cittadini, quanto della mancanza di trasparenza, della sicurezza di lavorare per il proprio paese. Manca la fiducia verso il bene comune, manca una cultura nazionalista che mette la società davanti all'individualismo.
Se così non fosse, ha ragione Max Pezzali: "Si stava meglio quando si stava peggio". O forse anche Max Pezzali è oggetto delle cupole del potere....

lunedì 15 febbraio 2010

Adotta una crisi dimenticata (III)


Questa settimana affrontiamo l'ultimo argomento della campagna "Adotta una crisi dimenticata":
La guerra nel Congo Orientale

Sapete qual'è stata la guerra più cruenta dopo la seconda guerra mondiale avvenuta nel nostro pianeta? Sicuramente History Channel continuerà a pubblicare servizi sui nostri dittatori di mezzo secolo fa, ma come sempre, a poca distanza da noi, sono in corso combattimenti senza tregua, senza nessun rispetto umano e più sanguinosi di quanto possiamo pensare.
Luogo principale della scena?Chiaramente il continente dimenticato...l'Africa.
Documentandosi sulla storia recente congolese si possono trovare le seguenti informazioni:
La Seconda Guerra del Congo, detta anche Guerra Mondiale Africana o Grande Guerra Africana, si è svolta tra il 1998 e il 2003 nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire), ed è terminata con l'istituzione del Governo di Transizione della Repubblica Democratica del Congo. È stata la più grande guerra della storia recente dell'Africa, ed ha coinvolto 8 nazioni africane e circa 25 gruppi armati.
Al 2008 la guerra e le sue conseguenze hanno causato circa 5,4 milioni di morti, in gran parte dovute a malattia e fame. Purtroppo però non è finita qui...
Come al solito non entriamo nel dettagli bellici, dove nessun schieramente può essere minimamente giustificato, ma analizziamo le conseguenza e le relative contromisure.
Sul sito di Medici senza Frontiere si legge:

"(...) dal settembre 2007 la ripresa dei combattimenti nel Nord Kivu, nella zona orientale della Repubblica Democratica del Congo (RDC), ha causato un massiccio sfollamento della popolazione. Il mancato rispetto del cessate il fuoco, siglato nel gennaio 2008, ha portato alla ripresa dei combattimenti su vasta scala tra i vari gruppi armati e l'esercito congolese (FARDC), malgrado la presenza della MONUC, la più vasta forza di pace ONU del mondo. Nella regione, centinaia di migliaia di persone sono fuggite in tutte le direzioni alla disperata ricerca di salvezza. Ai profughi manca acqua, cibo e riparo; l'accesso all'assistenza sanitaria è quasi inesistente. I profughi trovano rifugio nei campi o presso delle famiglie, oppure si nascondono nella foresta dove sono alla mercé di qualsiasi gruppo armato. Solo poche organizzazioni umanitarie sono presenti in modo continuativo vicino alla capitale della provincia, Goma. Nonostante il mandato dell'ONU, la MONUC non è stata in grado di proteggere la popolazione civile dalla violenza e dalla fuga coatta. A novembre, quando le forze ribelli hanno assunto il controllo di Rutshuru, dove MSF gestisce un reparto di chirurgia, la MONUC ha condotto nella città un convoglio armato per prestare soccorso umanitario, una mossa che minaccia di rendere ancora più confuso il confine tra azione militare e azione umanitaria nella regione
. (...)".


A volte si potrebbe pensare che gli aiuti dei Paesi Occidentali non siano sufficienti materialmente, in quanto l'opinione pubblica non viene minimamente informata. Tutto questo è vero, ma allo stesso tempo, anche nei casi più fortunati, le condizioni locali di certi Paesi in crisi non permettono interventi umanitari. Zone intere rimangono tagliate fuori, i medici sono costretti a rischiare la propria vita ogni giorno per curare i civili.
Purtroppo si vengono a creare dei problemi da un lato naturali quando si combatte una guerra, dall'altro questi problemi sono utili per chi può coltivare i propri interessi politici.
Più si confonde il confine tra azione umanitaria e azione militare, più gli aiuti sono poco efficaci, più i potenti locali (e non solo...) hanno campo libero.
Se poi nessuno viene a conoscenza di niente, sicuramente a pochi interesserà di ciò che sta ogni secondo accadendo in un territorio da sempre schiavizzato.
Nessuno di noi può far molto, ma come sempre ricordiamo che la conoscenza è un diritto/dovere di ognuno di noi!

lunedì 8 febbraio 2010

Adotta una crisi dimenticata (II)


Continuiamo a ricordare la campagna di Medici senza frontiere che ha come scopo quello di far riflettere sulle crisi mondiali dimenticate dall'informazione e quindi dall'opinione pubblica, la quale come sappiamo incide sulle scelte politiche governative.

Crisi sanitaria nello Zimbabwe

Lo Zimbabwe, ufficialmente Repubblica dello Zimbabwe,è uno stato dell'Africa meridionale.
Il Paese ha ottenuto l'indipendenza dalla Gran Bretagna il 18 aprile del 1980 mentre ha una costituzione in vigore dal 21 dicembre del 1979 che ancora costituisce il documento fondamentale nonostante i vari cambiamenti a cui è stata sottoposta.
Il sistema legale si basa su un insieme di elementi del sistema inglese con la Common Law e altri del sistema romano.
Lo Zimbabwe ha un governo di stampo dittatoriale ed è una repubblica presidenziale.
La situazione del paese, in crisi da anni, si è deteriorata raggiungendo livelli allarmanti: inflazione a quota 231 milioni%, carenza di beni essenziali, repressione della opposizione politica e ulteriori restrizioni per le organizzazioni umanitarie.
La crisi economica ha portato il sistema sanitario al collasso: secondo le Nazioni Unite, l'aspettativa di vita nello Zimbabwe è precipitata a 34 anni di età a causa della pandemia di HIV/AIDS. In seguito alla crisi, molte persone in terapia sono state costrette a saltare i pasti, non sono state più in grado di sostenere le spese di trasporto per arrivare alle cliniche o semplicemente avevano troppa paura di lasciare la propria casa.
Inoltre la peggiore epidemia di colera degli ultimi anni è iniziata nel mese di agosto 2008 e si è andata rapidamente diffondendo in seguito al collasso delle infrastrutture sanitarie del paese. L'epidemia, concentrata ad Harare, è stata dichiarata emergenza nazionale nei primi giorni di dicembre.
Nel corso dell'anno, un numero enorme di persone ha continuato ad abbandonare il paese. A mio avviso sono due i punti su cui riflettere:
  • Fuga del personale sanitario: la professione sanitaria in questi paesi è più una missione che un lavoro. Se anche queste persone hanno deciso di abbandonare il paese, possiamo pensare che non ci siano più le condizioni per poter svolgere i propri compiti?! Nemmeno le cure più semplici?!
  • Lo Zimbabwe non è in guerra: Circa 3 milioni di abitanti si sono rifugiati nel vicino Sudafrica, una cifra esorbitante per un paese che non si dichiara in stato di Guerra. Le radici, la cultura, gli affetti,le tradizioni... tutto messo in secondo piano per la sopravvivenza. Inoltre il rischio di aggressioni, stupri o furti da parte di banditi è elevato in certe zone.
Una situazione critica, silenziosa e mai gestita. Milioni di persone in fuga verso un mondo che non ne conosce l'esistenza. Forse noi non possiamo far niente, ma come già detto altre volte, abbiamo il diritto e il dovere della conoscenza!

venerdì 5 febbraio 2010

Abbasso le Bic


Come avevo annunciato nel mio ultimo post, oggi provo a scrivere qualche mia piccola considerazione personale sul tema del riuso. Si si proprio cose personalissime, che non pretendono di incarnare la verità ne tanto meno di esser la retta via. Piccole provocazioni che spero possano risultare stimolanti e suscitare qualche reazione, anche negativa.

Pensandoci bene non è facile trovare qualcosa che potremmo effettivamente riutilizzare in casa, così da non buttarlo. Il rischio è quello di tenere tutto, pensando "un giorno mi servirà", così da ritrovarsi, dopo qualche tempo, in mezzo alla strada con in mano dei grossi sacchi pieni di ogni cosa, mormorando infamie contro il riuso e chi ne parla.
Una buona tattica è sicuramente comprare meno. Forse un po' semplicista come risoluzione, ma certamente la più logica. Un esempio a cui penso spesso riguarda le penne Bic. Non crediate sia facile parlarne, so cosa mi aspetta... a chi non piacciono le buon vecchie biro? Piccole, pratiche ed economiche... già economiche, ecco la grande falla. Chi di voi perde più di un minuto a cercare una penna Bic persa? Pochi. Ad un penna che costa trenta centesimi gli diamo un valore di trenta centesimi, la teniamo di conto come se fosse trenta centesimi; è indubbio, valorizziamo gli oggetti soprattutto secondo il loro costo.
Le Bic sono state progettate apposta per esser usa e getta, non sono ricaricabili, si rompono facilmente, sono esteticamente poco enfatizzate. Sono dunque una scelta poco sostenibile.
Una scelta invece molto più sostenibile è la penna stilografica: il valore di una penna stilografica non è dato esclusivamente dal costo superiore, il quale ce la fa cercare una mattinata e non un minuto, ma è anche dato dal fatto che la stilo uno se la a comprare, se la va a scegliere, vede i modelli, vede i prezzi, il colore, l'inchiostro, lo spessore..è un oggetto che diventa tuo, personale, unico. Non crediate che questi siano discorsi da materialista, da uno che ama le cose belle, il quale crede che avere un bella penna sia l'unico modo per realizzarsi, perché sbagliereste di grosso: una penna stilografica può durare anche dieci anni, scrive meglio, è ricaricabile, è più bella. Una boccetta di inchiostro media (rigorosamente in vetro) mediamente rifornisce una stilo per due anni.
Usare una stilografica può cambiare il mondo? No. Usare le Bic? Molto meno.

Altro esempio? Le bottiglie dell'acqua. Dai nostri rubinetti esce spesso un'ottima acqua, eppure in moltissimi comprano quella in bottiglia, di plastica ovviamente. Comprare l'acqua al supermercato non solo è un reato ambientale, è pure incredibilmente scomodo: le bottiglie pesano, sono grandi, occupano posto, finiscono, vanno ricomprate, e quando si buttano fanno molto volume, rendendo scomodo anche il loro riciclo. E' un'abitudine sciocca. Vero è che in molte case l'acqua del rubinetto è pesante, calcarea, non buonissima. Spesso è solo questione di abitudine, ma è comunque un ostacolo. Le caraffe con filtro ricaricabile possono dunque essere una soluzione al problema, rendono più leggera e dolce l'acqua, ma non se ne ha un giovamento economico, il costo tra un mese di bottiglie e un mese di filtro è infatti lo stesso. Inoltre con le caraffe è bene star molto dietro al cambio del filtro, il quale trattiene batteri, e se non rinnovato ogni mese-mese e mezzo spesso può diventar pericoloso. Vi consiglio caldamente la lettura di questa pagina del sito Centro Tutela Consumatori Utenti.

Per finire un altro esempio, una semplice fusione tra i due precedenti: le bottigliette dei distributori automatici.
Bere fa bene, ed è quindi bene bere. A scuola, in ufficio, in fabbrica non si può andare ogni ora in bagno e bere dal rubinetto, infatti ci sono i simpatici distributori di bottigliette. Una oggi, una domani, una dopodomani.. una marea di bottigliette che sarebbero tranquillamente sostituibili da una sola, riempibile a casa dal rubinetto. Anche le bottigliette si sa, si perdono, si scordano, hanno poco valore.. seguendo il principio esposto nel primo esempio e comprando una bella bottiglia, o magari una piccola borraccia, si risolverebbe nuovamente il problema.

Questi sono solo tre esempi che possono rendere la nostra vita veramente più sostenibile, evitando non solo lo sconsiderato acquisto di contenitori di plastica inutili (penne, bottiglie) ma anche il riciclo di quest'ultimi che, come abbiamo visto, oggi come oggi porta a poco.

Mirko

giovedì 4 febbraio 2010

Cappello d'asino per l'Italia

Esiste un'associazione internazionale che si chiama OCSE PISA (Programme for International Student Assessment) che si occupa della valutazione del livello degli studenti dei paesi OCSE intorno ai 15 anni di età, ossia in prossimità della fine della scuola dell'obbligo (l'età precisa varia da stato a stato), per misurarne la cultura generale e la formazione scolastica.
Sono state fatte finora quattro indagini: nel 2000, 2003, 2006 e 2009. I dati per l'Italia sono stati assai mediocri. In realtà i dati dell'ultimo test usciranno nel dicembre 2010, quindi la situazione degli ultimissimi anni non è stata valutata, ma il trend è comunque chiaro.

Gli studenti italiani hanno ottenuto scarsi risultati in scienze e lettura, e pessimi in matematica.
Quali sono le ragioni di tali risultati?
Ovviamente le ragioni vere sono profonde e possono essere ricondotte ad una scarsa cultura della conoscenza, unita a realtà scolastiche poco stimolanti o addirittura inadeguate al loro scopo.
Ma è bene sottolineare che hanno senz'altro contribuito altri fattori di diversa natura che potevano essere meglio gestiti con una politica più ragionata, fra questi i principali sono:
  • La mancanza di una vera riforma della scuola, che promuova la costruzione di un sapere predisposto ad un futuro arricchimento e rispetti le singole autonomie scolastiche, in contrasto con le continue riforme pro aziendalistiche avvenute in Italia.
  • La carenza di investimenti: dal 1990 a oggi la quota del PIL destinata alle spese sostenute dal MPI o dal MIUR ha infatti subito una notevole contrazione ed è diminuita dal 3,9% al 2,8%, mentre la media dei paesi OCSE è del 5%. Anche se bisogna ammettere che non sempre chi spende di più ha risultati migliori, come nel caso degli USA.
  • La dispersione scolastica causata dal fatto che il sistema scolastico italiano è spezzato in cicli (scuola primaria, secondaria inferiore e secondaria superiore) infatti, una precoce professionalizzazione non sempre riesce a supportare adeguatamente la crescita culturale di un ragazzo, puntualmente (quasi) tutti i paesi OCSE con i voti più alti hanno sistemi a ciclo unico e obbligo scolastico fino a 16 anni.

Ma ciò che è più importante, a differenza di quanto è successo in altri paesi, in Italia non si è aperto un vero dibattito sulle carenze formative della scuola, bensì sulle modalità di valutazione del test PISA. Sebbene le critiche fatte siano ragionevoli, lasciano il tempo che trovano di fronte a dei risultati che comunque sono oggettivi, e dimostrano invece quanto sia forte la volontà di insabbiare il problema per non riconoscerlo come tale.

Chi sono i primi della classe? Dati alla mano, nell'arco degli ultimi dieci anni hanno confermato un ottimo livello Finlandia, Australia, Hong Kong, Olanda, Belgio, Canada, Giappone e Corea del sud.
Questi paesi sono caratterizzati dal fatto che i loro sistemi scolastici non hanno i suddetti problemi strutturali e finanziari.
Ma non è tutto qui. Hanno anche un modo diverso di vedere la scuola, per capire cosa intendo leggetevi questo breve commento di una ragazza finlandese sulla scuola italiana, nel quale mette in discussione alcuni costumi didattici considerati scontati, come l'idea che per imparare l'inglese bisogna studiare quello scritto da Shakespeare quattro secoli fa.

Attendiamo fiduciosi i dati del test 2009.

lunedì 1 febbraio 2010

Adotta una crisi dimenticata (I)


Nel marzo 2008 "Medici senza frontiere" lanciò una campagna denominata "Adotta una crisi dimenticata". Come ben si può intuire dal nome, mai come adesso si ha la sensazione che l'opinione pubblica, manovrata come sempre dai mass media, abbia a cuore ciò che succede nel quotidiano, dimenticandosi magari di tutto quello che fino al giorno prima l'aveva colpita.
Un giorno l'Abruzzo, il giorno dopo l'alluvione, poi Haiti...domani? Il cittadino d'altronde non può far altro che riflettere su ciò che conosce, sulle condizioni che gli vengono presentate dai giornali, dalla tv... E' normale che senza una informazione equa, tante, troppe crisi mondiali vengano dimenticate. Tutto questo oltre a non essere giusto è pericoloso in quanto, senza un aiuto continuo e definitivo, chissà quanti interventi fatti a suo tempo, non hanno trovato le condizioni per portarsi a termine. MaiDireFine non poteva sottrarsi a questa iniziativa e quindi cercherà di riproporre alcuni scenari mondiali che, per sconosciute cause, non vengano più riportati sui nostri mezzi di telecomunicazione. E' bene sottolineare che a tale campagna hanno aderito più di 30 tra agenzie di stampa, periodici e quotidiani, radio, testate on line, trasmissioni televisive, nazionali e locali. Tra i Tg si incontrano Globe Rai3, il TG2 (che ha segnalato il lancio della campagna), TG3 e TG4, ma mancano all'appello i due principali telegiornali delle reti pubbliche e private italiane: il TG1 e il TG5. Chissà perchè proprio loro?!

Le dieci crisi umanitarie identificate da MSF come le più gravi e ignorate nel 2008 (ma chiaramente è ancora attuale) sono:
  • la crisi sanitaria nello Zimbabwe;
  • la catastrofe umanitaria in Somalia;
  • la situazione sanitaria in Myanmar;
  • i civili nella morsa della guerra nel Congo Orientale (RDC);
  • la malnutrizione infantile;
  • la situazione critica nella regione somala dell'Etiopia;
  • i civili uccisi o in fuga nel Pakistan nord-occidentale;
  • la violenza e la sofferenza in Sudan;
  • i civili iracheni bisognosi di assistenza;
  • la coinfezione HIV-TBC.


Diamo delle piccole informazioni su alcune di queste situazioni: la Catastrofe umanitaria della Somalia.
Si legge da una testimonianza di un medico: "La guerra in Somalia è iniziata 17 anni fa, ma dal 2007 si registra un’escalation terribile della violenza e dei combattimenti tra le truppe etiopi, del governo federale di transizione e i vari gruppi armati tra cui quelli delle corti islamiche che stanno causando migliaia di vittime civili e almeno 700 mila sfollati da Mogadiscio. Le frontiere per questa gente sono chiuse, noi assistiamo migliaia di esuli a Hafgooye, una località a una trentina di chilometri dalla capitale, in un contesto molto critico. Dopo 17 anni anche il tessuto sociale è disintegrato, chi può scappa. E’ una delle situazioni più disastrose che abbia mai visto".
Chiaramente serviva l'ingresso in scena da parte del Dio USA che dal 2007 (appunto) è entrata militarmente nel conflitto, a supporto dell'esercito etiope e con il sostegno del presidente e del governo somalo, causando la morte di numerosi civili ricevendo dure critiche dall'Unione Europea e dall'ONU. Nel giugno 2008 è stata concordata la firma di un accordo tra governo somalo, parte dell'opposizione ed Etiopia, ma chiaramente la situazione è ancora critica e si regge su un filo sottile e pericoloso. Si stima che in Somalia una donna su dieci perda la vita durante il parto e oltre un bambino su cinque muoia prima di aver compiuto cinque anni. La malnutrizione infantile è aggravata dall'impennata dei prezzi dei beni alimentari e dalla prolungata siccità che ha colpito il paese. Il sistema sanitario è al collasso.

L'obiettivo non è spiegare nei minimi dettagli i motivi scatenanti la guerra, anche perchè in realtà nessuno può saperli con certezza (motivi politici, economici, terrorismo ecc...), ma basterebbe riflettere sul fatto che nessuno ci ha mai parlato di queste tragedie, delle politiche estere dei Paesi che magari possiamo prendere a modello. Tutto ciò che non fa notizia viene dimenticato, anche se riguarda la morte di migliaia di esseri umani. L'informazione è la nostra salvezza: se qualcuno conosce qualche giornale o altro che mantiene questi valori è esortato a farlo conoscere...


domenica 31 gennaio 2010

Post.it: Mario Mariotti


Mario Mariotti è stato un grande artista fiorentino attivo tra gli anni '60 e gli anni '80 del '900. La sua opera giocosa e innovativa si è concentrata anche su i bambini, dando vita al progetto Animani. Oggi quella realtà è stata riproposta al Museo dell'Ospedale degli Innocenti in p.zza Santissima Annunziata a Firenze, con una mostra proprio dal titolo Animani, aperta fino all'11 aprile 2010.
Per chi vuole c'è il sito ufficiale dell'artista, molto ben fatto, dove si può godere delle sue opere e delle sue esperienze.
L'arte a volte, è solo un gioco.

venerdì 29 gennaio 2010

Il riciclaggio come terza via


Oggi tratterò di un tema già affrontato all'interno del blog un po' di tempo fa, ma che credo sia importante approfondire, in quanto nodo centrale della consapevolezza ecologica che si è affermata nell'ultimo decennio: il tema del riciclaggio.

Il riciclaggio è una delle grandi scommesse mondiali del nostro tempo, il nuovo sistema di produzione che renderà le nostre vite sempre più ecosostenibili, e che ci lascerà sempre di più libera la coscienza quando compreremo, o meglio, quando gettermo un oggetto, un vestito o un qualsiasi artefatto umano. Scusate la vena leggermente ironica di questa mia ultima affermazione, non intendo nascondere infatti le mie perplessità su come si possa vedere nell'odierno riciclo una soluzione sostenibile.
Personalmente vedo il riciclaggio in una situazione simile a quella del commercio Equo&Solidale, entrambi vengono percepiti e vissuti come se fossero il futuro, come il modo giusto in cui dovrebbero andare le cose, ma, a pensarci bene, questo ragionamento possiede numerose falle, in quanto le soluzioni non sono trasformare i rifiuti in qualcos'altro, oppure far si che in Perù i lavoratori ricevano dal nostro acquisto il giusto ricavo, le soluzioni sono che bisogna consumare meno affinchè si vengano a creare meno rifiuti, e far si che i lavoratori del Perù possano guadagnare equamente dalla vendita dei loro prodotti non solo nelle botteghe dell'Equo&Solidale, ma ovunque, soprattutto nel loro paese d'origine! Spero che il ribaltamente della situazione sia chiaro, d'altronde (per fortuna) non sono il primo, ne sarò l'ultimo, a dire tutto questo. Tutti quanti però ci "scordiamo" o meglio, ci fanno scordare, questo punto di vista, me compreso. Nel gettare della plastica nella campana blu tutti noi proviamo un senso di auto soddisfazione, come quando aiuti una signora anziana ad attraversare la strada. Spesso ci sentiamo appagati dall'aver appena effettuato una giusta e sostenibile azione.
Se tutto questo è bene che continui con la carta e con l'organico, con i materiali plastici la situazione cambia radicalmente. Un impianto di riciclaggio plastiche impiega circa 17 passaggi affinché vengano suddivise le lattine, la pastica "A" da quella "B e da quelle "J", i tappi, le etichette, i pezzi troppo piccoli da quelli grossi, il tetrapack e chi più ne ha più ne metta. Una gigantesca catena di montaggio in cui si uniscono complessi (e costosi) macchinari all'occhio supervisore dell'uomo. Un dispendio di energia e di lavoro notevole, per quello che nell'immaginario di molti (mio compreso) era visto como un semplice buttare il tutto in un grande calderone.

E non è finita, infatti il grosso del problema alla fine non è come produrre la plastica ricilcata, ma è il come utilizzarla.
Essa si presenta come un impasto grigiastro lavorabile perlopiù attraverso estrusione e taglio laser, di buona resistenza meccanica, solo però sopra certi spessori (2 cm), con un' ottima resistenza agli agenti atmosferici ma una pessima qualità estetica (è brutta). Tutto questo, unito al costo elevato, fa si che ci siano enormi plasticosi imballaggi nei magazzini dei centri di riciclaggio, li, pronti, che aspettano solo di essere utilizati, ma che in realtà per ora non hanno futuro. Questa plastica costa troppo, se ne vende troppa poca, non ha ancora trovato un suo posto sul mercato e non risponde alle nostre esigenze estetiche, nonostante i lunghi studi su come renderla colorata.

Ci sono ulteriori processi che possono renderla decisamente più utile e versatile, ma ricordiamoci che ogni processo in più richiama prezzo maggiore alla vendita, oltre che minore sostenibilità.
Cosa fare? GLi imprenditori (dove sono, cosa fanno?) proprio non ci vogliono investire, progettisti, ingengneri, architetti tentano invano di applicargli un'estiticità facendola assomigliare alla palstica normale, al legno, al cemento o chissà cos'altro con risultati certe volte imbarazzanti, ma d'altronde non siamo ancora pronti ad accettare "il bello del riciclato".

Al di là dei toni sarcastici e polemici, questo è davvero un bel problema, che da però ancora più valenza alla tesi che, come recita la pagina di wikipedia al riguardo, il riciclaggio deve essere la terza scelta: la priorità va alla riduzione e al riuso.

Mi interesserebbe un vostro parere al riguardo, con la promessa però di un post a breve decisamente più propositivo e meno distruttivo.

Mirko

mercoledì 27 gennaio 2010

Zone al buio

Poco più di dieci anni fa, a Milano, entrava per la prima volta in Italia la tecnologia ADSL, destinata a mandare in pensione i vecchi modem che consentivano una velocità massima di 56 kb/s. L'ADSL infatti ha permesso di aumentare di due ordini di grandezza (dalle decine alle migliaia) la velocità in connessione.
Negli ultimi anni si è avuto un boom dell'utilizzo di internet, tutte le potenzialità della “rete” sono venute fuori. Quali potenzialità? Solo per fare alcuni esempi: la sua capacità di semplificare la burocrazia, la facilità con cui si può imparare, il risparmio nel gestire affari per via telematica, l'accesso ad un più ampio spettro di canali di informazione.
Tuttavia, in Italia non si è avuto un vero e proprio investimento nelle infrastrutture telematiche.
Apparentemente, questo non sembra così grave, e invece, specie sul lungo periodo, è determinante: investire nelle infrastrutture per modernizzare la rete Internet ed estenderla a tutti i cittadini significa creare le condizioni per uno sviluppo economico quanto mai necessario soprattutto nella fase di incertezza che ha colpito tutti i mercati mondiali e tutti i settori di produzione. Secondo un recente studio, se Internet sarà estesa e potenziata, si potrebbe creare entro il 2015 circa un milione di posti di lavoro e generare una crescita delle attività economiche stimata sugli 850 miliardi di euro.
Ancora oggi, sono moltissimi i piccoli centri, frazioni di comuni o altre aree rurali, che non hanno la copertura, ossia sono fuori dal raggio d'azione di una centrale. Queste zone per non restare tagliate fuori devono ricorrere a dei privati, se ce ne sono, che forniscono la banda larga attraverso altre tecnologie, come il wireless.
Il più importante freno alla copertura totale è economico: ogni centrale dovrebbe soddisfare un numero minimo di utenze, perciò vengono prima coperti i comuni con una densità di popolazione maggiore, rispetto a quelli con densità minore, e questo spinge la Telecom lasciare “al buio” interi paesi.
Purtroppo questa ingiustizia è del tutto legale, infatti il Decreto del Presidente della Repubblica 318/97 sancisce che tutti i cittadini italiani devono avere a disposizione
«la trasmissione di dati nella banda vocale attraverso modem ad una velocità minima di 2.400 bit/s, in base alle raccomandazioni dell'UIT-T della serie V»

Avete letto bene: 318/97 (risale al 1997 ). Ovviamente la velocità minima per legge è del tutto inadeguata ai moderni contenuti di internet. In realtà la legge è stata scritta con la predisposizione a un aggiornamento tecnologico a intervalli regolari di due anni. Contrariamente a questo presupposto invece la legge non è stata più aggiornata, con effetti sotto gli occhi di tutti coloro che non sono coperti.
Un anno fa, l'Unione Europea si mosse: preparò finanziamenti per un miliardo di euro destinati interamente per l’estensione e il rinnovamento delle reti broadband, con l’obiettivo di portare la banda larga anche a quelle aree rurali e meno popolose ancora escluse dall'internet veloce.
La Commissione Europea voleva garantire una copertura del 100% entro il 2010 per l’intera popolazione della UE e definì l’obiettivo come un imperativo economico e sociale.
A sentirlo ora vien da ridere.
Attualmente il governo non ha intenzione di potenziare la rete Telecom, ma di promuovere il coinvolgimento di operatori privati, incoraggiandoli con un finanziamento pubblico.
Si tratta di una soluzione sicuramente più economica sul breve termine. Speriamo che sia sufficiente all'Italia per colmare il suo gap tecnologico.
Quello che maggiormente mi preoccupa è che, a parer mio, il governo non si è ancora reso conto che questa deficienza strutturale diventerà determinante nel giro di pochi anni, e che continui a vedere internet come un simpatico giochino elettronico, non come un'opportunità.

martedì 26 gennaio 2010

Questo maledetto debito pubblico (II)


Nel precedente post “Questo maledetto debito pubblico” si è cercato di capire che cosa sia il debito pubblico e quali siano le disastrose conseguenze quando questo è alto. Adesso cerchiamo di capire le cause che hanno portato l'italia ad essere il paese con il terzo debito pubblico del mondo.
Per capire bene come stanno le cose si deve andare parecchio indietro nel tempo.
Nel 1950 il nostro era un Paese molto più povero rispetto alla Francia e alla Germania. Un operaio italiano guadagnava un sesto rispetto ad un operaio tedesco e la metà di uno francese, due italiani su cento possedevano una macchina, mentre in Germania quattro tedeschi su cento.
Tuttavia ,dopo la seconda guerra mondiale l’economia globale coninciò a crescere rapidamente, trainata dalla locomotiva americana,e il basso costo del petrolio (tra i 2 e i 3 dollari al barile) permetteva un basso costo dell’energia. Quest'ultimo, sommato alla particolarità italiana dei bassi salari, ci dava un vantaggio competitivo, gli italiani erano i “cinesi d’Europa”. In questo modo il PIL cominciò a crescere più velocemente che negli altri paesi.

Nel 1973 il 30 per cento degli italiani possedevano una macchina, quasi quanto in Francia e Germania. Non avevano i loro redditi, ma si erano avvicinati a questi ad una velocita’ impensabile.
Tuttavia i nodi vengono al pettine prima o poi e infatti il sogno del tutto a poco presto finì.
Il ricco contesto europeo nel quale si trovava l’Italia non permise di prolungare oltre il vantaggio dei bassi salari. Cominciarono alla fine degli anni ‘60 e agli inizi degli anni ‘70 le rivendicazioni salariali e gli scioperi. In questo modo tra il 1968 e il 1973 il livello dei salari degli operai raddoppio’.Inoltre inprovvisamente aumentò il costo dell'energia in seguito alle guerre in Medio oriente (1973).
Svaniti così i suoi principali vantaggi, con i salari raddopiati e il prezzo del petrolio quadruplicato, l’Italia a questo punto si trovò di fronte ad un bivio:o puntare alla soluzione dei suoi problemi cercando una nuova strada per la crescita (ad esempio uscire dalla mentalità manifatturiera e metalmeccanica e intraprendere la via dell'innovazione) o semplicemente non affrontare il problema. Ovviamente l'Italia scelse la seconda, piu’ facile nel breve periodo, ma disastrosa sul medio-lungo periodo.
Se le imprese non potevani più affrontare costi di energia e lavoro così alti, arrivava l’intervento pubblico a salvare chi strillava di piu’, o chi portava piu’ voti.
Nella politica dell’aiuto statale nel 1975 la scala mobile ( grazie alla quale i lavoratori vedevano i loro salari crescere in base all’inflazione dell’anno precedente) venne estesa a tutti i lavoratori. In questo modo si faceva tuttavia aumentare l’inflazione di quell’anno e così via in una spirale che portò l’inflazione alle due cifre.

Si svalutò allora la lira per avere vantaggio competitivo nel mercato estero. Svalutando la lira l'Italia poteva riconquistare competitività sui costi in confronto agli altri paesi (un pò come adesso costa molto meno comprare un computer in America piuttosto che in Italia a causa della svalutazione del dollaro). Si tratta di un trucco che dura poco, basta infatti che lo utilizzino anche altri Paesi concorrenti ed ecco svanire il vantaggio. Così con l’inflazione da una parte e la svalutazione dall’altra l’Italia riuscì per qualche anno a continuare la sua crescita truccata accontentando tutti, imprese e lavoratori.

Negli anni '90 però , da un lato lo scandalo di Mani pulite, dall’altro un debito pubblico al 120 % del PIL, con la perdita continua di competitività e con un PIL che cresceva sempre meno l’Italia era ormai vicina alla crisi finanziaria. Alto debito pubblico, spesa incontrollabile, margini ridotti per gli aumenti della tassazione. .. la storia è arrivata fino ad oggi e, anche se qualcosa è stato fatto e il debito attualmente è "solo"del 103%, il problema di fondo rimane: l'Italia resta un carrozzone sempre più appesantito dai suoi debiti.

La politica di ieri dunque non è stata coraggiosa, la politica di oggi pure non sembra un cuor di leone, ma che dire allora degli italiani? Del resto si sà che le decisioni più sofferte sono anche quelle più impopolari, ma il "popolo" può anche agire di testa tralasciando qualche volta la pancia.

lunedì 25 gennaio 2010

Cibo dal cielo haitiano


Oggi vorrei parlare di come a volte gli interventi umanitari siano inconcludenti o meglio, non riescano a raggiungere gli obiettivi che si prefiggono. Motivo?
Guardando i telegiornali alla tv, sono rimasto su un'immagine che mi ha lasciato un po' perplesso. Sto parlando della tragedia di Haiti, che ognuno di noi fa fatica ad immaginarsi. Crediamo di capire la gravità della situazione, visti anche i recenti distastri naturali che hanno colpito il nostro Paese, ma bisogna immedesimarsi e informarsi su quale sia la reale situazione di Haiti in questo momento e sopratutto in precedenza.
Haiti è una nazione dell'America situata nel Mar dei Caraibi. Un tempo colonia francese, è stata - dopo gli Stati Uniti - una delle prime nazioni delle Americhe a dichiarare la propria indipendenza. Il territorio haitiano copre la parte occidentale dell'isola di Hispaniola e confina a est con la Repubblica Dominicana. Haiti è il paese più povero delle Americhe.
Il terremoto appena avvenuto è notizia di tutti i giorni, gli aiuti mondiali che stanno arrivando pure, quindi non occorre approfondire. Tuttavia ci sono stati pochi servizi sulla mentalità, cultura e abitudini degli abitanti locali, legata alle modalità di aiuto che l'ONU ha organizzato.
Mi è capitato di vedere elicotteri americane lanciare cibo dall'alto senza atterrare, e tanti "esseri umani" correre come pazzi per arrivare prima degli altri sui "pacchi" postali arrivati dal cielo.
Ora, ogni mezzo e modalità di aiuto è ben gradita, però a volte occorrerebbe a mio avviso tener di conto della dignità umana e della sua natura.
Un paese in cui si vive ormai per strada, con migliaia di morti che giacciono vicini, senza più parenti e amici, senza acqua e cibo, secondo voi ha bisogno che arrivino cibi precotti dalle nuvole?
Ci rendiamo conto cosa può scaturire specialmente in un popolo quasi analfabeta?! Liti, linciaggi, guerriglie...il più forte soppravvive, il più debole soccombe. Si è forse animali?!E' brutto dirlo ma la natura umana è questa.
E non è solo il cibo a mancare ma anche delle regole civili, che pure in precedenza non erano garantite. Amnesty International denuncia:

"I bambini haitiani corrono il rischio di essere sequestrati a scopo di traffico di persone, di essere vittime di abusi, di essere ridotti in schiavitù e di subire la dilagante violenza sessuale. Devono essere prese speciali misure immediate per queste persone a rischio".
La violenza sulle donne era a livelli massimi fin da prima del sisma, e ora?!

I paesi Occidentali devono desistere dal pericolo di reagire col pietismo di chi non è stato toccato, ma coordinarsi, fare scelte difficili, a volte dolorose, che aiutino chi ha bisogno a sopravvivere mantenendo lo stato di essere umano.
Il capo della protezione civile Bertolaso afferma: "la gestione degli aiuti è patetica, poichè manca un coordinamento. Troppi show per la tv...".
Chiaramente il governo italiano ha subito preso le distanze da questa critica contro gli "alleati" rimanendo ben seduti sulle proprie poltrone.
Nessuno che non sia presente sull'isola saprà mai quale sia la reale situazione. Una cosa però è certa e dimostrata dalle immagini che ci arrivano e da chi è là di persona: attenzione a credere di risolvere tutto in maniera superficiale perchè la prima cosa che viene in mente da fare per alfabetizzare un popolo è regalargli centinaia di libri.....ma se non si sa leggere, cosa se ne fanno di tutti quei regali?! Magari sarebbe meglio una semplice maestra?! Ma ciò non farebbe notizia...
Nessuno di noi può sapere come si risolve la situazione, ma è anche nostro dovere denunciare una politica grossolana: immaginate se in Abruzzo, Berlusconi avesse lanciato lasagne dagli elicotteri?! Come avremmo reagito? Oppure come avrebbero reagito le famiglie alluvionate toscane se fosse stata portata loro una bella bacinella per buttare fuori l'acqua di casa!?Certo ad Haiti si può fare, tanto non capiscono niente!
E' solo una paura, ma il dubbio di trasformare un'azione umanitaria in un obiettivo politico non svanisce.... La solidarietà ha tante facce, non tutte sono utili, non tutte sono sincere!