lunedì 12 ottobre 2009

Due pesi, due misure?


«Io sono un uomo e se lo sei anche tu devi rispetta­re la mia decisione, voglio mori­re ».

Queste sono le parole che Mbarka Sa­mi ben Garci, tunisino di 42 an­ni, ha detto al medico del carcere di Pavia circa un mese e mezzo fa. Già qui ci sono diversi elementi che danno da pensare… carcere.. tunisia.. morte.. ma forse è meglio spiegare la vicenda dall'inizio.

Il 16 luglio 2009 Mbarka, detenuto al carcere di Pavia prima per una condanna causa spaccio di droga, e in seguito per una condanna per violenza sessuale sulla sua ex convivente (importante sottolineare che si dichiarava assolutamente innocente di quest'ultima accusa), inizia a rifiutare cibo e acqua, dando il via ad uno sciopero assoluto della fame. L'accusa di violenza sessuale l' aveva profondamente offeso, e voleva far sentire la sua voce. Il 5 settembre è morto. Varie le accuse al carcere, ai medici, interventi troppo tardivi (il 2 settembre era stato ricoverato in ospedale), responsabilità di quello o di quell'altro. Fatto sta' che lui voleva morie. Voleva chiudere i suoi rapporti con il mondo. Per fede, per onore… voleva farla finita.

Questa volta l' eutanasia, perché alla fine di questo si parla, non è diventata un caso mediatico. Un breve e coinciso articolo al telegiornale, e probabilmente su qualche quotidiano, ma poi puf… tutto sommerso, tutto dimenticato. E dire che eravamo abituati a ben altri toni sul tema..il caso di Piergiorgio Welby se lo ricorderanno in molti.. « Come già Luca Coscioni, a mio turno sono oggi oggetto di offese e insulti, di pensieri, parole, aggressioni alla mia identità ed alla mia immagine, quasi non bastassero quelle perpetrate al corpo che fu mio e che, invece, vorrei, per un attimo almeno, mi fosse reso come forma necessaria del mio spirito, del mio pensiero, della mia vita, della mia morte; in una parola del mio essere » Scrive Welby in una lettera inviata al tg3.

Tanti altri casi, anche più recenti, hanno poi invaso i nostri salotti e a volte le nostre coscienze. Questa volta però, silenzio. Che differenza c'è tra un tunisino carcerato che si lascia morire di fame, e un malato di distrofia muscolare italiano, esponente politico, che, completamente lucido, decide di lasciarsi morire? Perché se ne è fatto due pesi e due misure? Perché la Chiesa non si è lanciata contro il carcere di Pavia? Bè, forse le cose sono cambiate, forse si sta accettando il fatto che la libertà di decidere della propria vita va rispettata, forse… o forse no. Aspettiamo che un altro uomo, bianco, socialmente rilevante chieda, in piena coscienza, di lasciarsi morire. Aspettiamo. E vediamo se i benpensanti continuano a starsene in silenzio oppure no.


Mirko

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