mercoledì 9 dicembre 2009

La fame di riforme, la nausea da democrazia


L'attuale governo è salito al potere garantendo un numero incredibile di riforme. Il governo prodi prometteva anche lui riforme ma è stato accusato proprio di incapacità riformista. L'Italia ha bisogno di riforme. Tutto gli apparati, l'istruzione, i trasporti, la sanità , la publica amministrazione, sono invischiati in una melma storica con caste e decreti risalenti agli anni "grassi" della DC e del PSI se non dall'era fascista. E gli italiani sono stufi. Dai primi anni della “seconda republica” si è sentita sempre più forte la necessità di uno svecchiamento. L'Europa preme perchè si rispettino i suoi parametri e la corsa al rispetto degli altri nella nuova Comunità è feroce. Per questi e infiniti altri motivi la generazione 1950 – 1970 in particolare, è stanca delle solite “chiacchere” e vuole vedere i “fatti”. Un sentimento popolare ben interpretato da questo governo, il quale ha promesso di applicare un modello efficiente di tipo “aziendale” alla costruzione della nuova italia. E aziendale lo è stato, almeno nella modalità di legiferazione:

la puntata di Report del 22-11-09 mette perfettamente in luce come si stia vivendo uno slittamento progressivo del potere legislativo dai rami del parlamento all’esecutivo dall’inizio della cosiddetta seconda repubblica in poi. Come?

Realizzando il programma di governo attraverso decreti legge d’urgenza e disegni di legge di iniziativa governativa combinati alla richiesta di fiducia. Risultato? Tempi contingentati, blocco di emendamenti di qualsiasi tipo in aula e votazione. Fino a oggi nel corso di questa legislatura è stata chiesta la fiducia per 26 volte - l’ultima sulla privatizzazione dell’acqua - e il lavoro delle camere è ridotto sempre più a una ratifica di decisioni prese dal governo.

In Italia la questione di fiducia è un istituto parlamentare riservato al Governo e disciplinato dai regolamenti interni della Camera (art. 116) e, in modo più succinto, del Senato (art. 161). In pratica si presenta una legge e se ne chiede direttamente l'approvazione dal parlamento annullando tutte le possibili correzione (emendamenti). Il parlamento vota e se vincono i favorevoli la legge passa. Punto. Per regolamento deve essere utilizzata sulo in casi di “particolare urgenza o necessità” e il presidente della republica vigila che tale regola non sia violata.

La democrazia ne risente. Il potere diviene espressione del solo gruppo di maggioranza mentre tutti gli altri perdono voce. Il risultato è una estremizzazione della politica in cui chi comanda ha sempre la meglio su tutti e lo stato finisce per non rappresentare il popolo. Anche il governo diviene più debole, perchè non riesce a prendere consensi dove non ne ha e il cittadino si sente sempre più escluso ed estraneo alla politica.

Esemplare per la sua diversità è il caso in Francia di Ségolène Royal: prima delle ultime elezioni presidenziali, di fronte a quella che è una crisi delle rappresentanza dei cittadini in politica, lanciò una sfida: una terza camera di cittadini sorteggiati in un campione molto vasto, in modo da rappresentare efficacemente la società, a cui governo e parlamento deve rendere conto. Successe un finimondo da destra a sinistra, partito socialista compreso. Attualmente la Royal sta sperimentando la democrazia partecipativa a Poitiers nella regione che presiede. E pare che sia un successo (vedi video, primi 5 min.)

Sembra dunque che l'italia preferisca sempre scegliere qualcuno che la comandi piuttosto che partecipare lei stessa al comando.Sarà per necessità o per vizio?

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