
Come per tutti i capitoli bui di storia, piano piano riaffiorano fatti e personaggi da film Horror. È il caso di Radovan Karadžić, divenuto leader della Repubblica Serba (Republika Srpska) nel Maggio 1992 e ricercato dal 1996 al 2008 per crimini di guerra compiuti nel periodo '92-'95
Un po' di storia: nel 1991 inziò il disfacimento della Juguslavia, una repubblica socialista che per circa 40 anni aveva tenuto insieme le attuali nazioni di Serbia, Croazia, Bosnia, Montenegro, Macedonia e Slovenia. La saggia e populista mano del generale Tito era riuscita a tenere assieme popoli e culture diametralmente opposte che tuttavia per secoli si erano sia combattute che rispettate con proficua convivenza. Morto Tito nel 1980, disastrosi rimpasti di governo fecero salire di anno in anno le tensioni fino allo miccia finale: la dichiarazione di indipendenza della Croazia nel 1991. In Bosnia, dove da sempre convivevano serbi-croati di religione ortodossa e bosniaci e croato-bosniaci musulmani, sull'onda di un nuovo inaudito nazionalismo, il 3 marzo del 1992 fu indetto un referendum, a cui parteciparono solo i croato-bosniaci e i bosniaci musulmani (mentre fu boicottato dai Serbi di Bosnia), che sancì l'indipendenza della Boscnia Erzegovina dalla Repubblica dalla Jugoslavia, ormai formata solo da Serbia e Montenegro. Il 6 aprile 1992, la Bosnia Erzegovina venne riconosciuta dall'ONU come uno stato indipendente e sovrano. I Serbi di Bosnia non riconobbero il nuovo stato e proclamarono la nascita nei territori a prevalenza serba della Repubblica Serba (Republika Srpska), di cui Karadžić divenne il presidente. Iniziò così una delle più sanguinose e caotiche guerre dell' era moderna.
Durante la guerra Karadžić si è macchiato di qualche crimine: genocidio, crimini contro l'umanità, violazione delle leggi e delle usanze di guerra e gravi violazioni delle Convenzioni di Ginevra. Deve rispondere in particolare di undici imputazioni, che comprendono quella di genocidio per il massacro di Srebrenica (una delle pagine più nere della storia europea) avvenuto nel luglio 1995, e quella di aver inflitto il terrore nei confronti dei civili per l'assedio e bombardamento di Sarajevo. Nell'atto di accusa vengono anche ricordati i campi di concentramento serbo bosniaci, tra cui Omarska e Keraterm, della cui conduzione Karadžić è considerato responsabile, e il rapimento di 284 caschi blu utilizzati come scudi umani nel maggio e giugno del 1995.
Latitante da 13 anni, Karadžić aveva assunto negli ultimi tempi una falsa identità (l’esperto in medicina alternativa Dragan Dabić) e si era fatto volontariamente crescere capelli e barba in maniera disordinata. Lavorava come medico in un ambulatorio privato alla periferia di Belgrado, dove nessuno aveva sospettato la sua reale identità, né che la sua specializzazione fosse fasulla.
Fermato dalle forze di sicurezza serbe venerdì 18 luglio 2008 mentre viaggiava tranquillamente su un autobus, è stato immediatamente tradotto in carcere, consegnato alle autorità del Tribunale Penale Internazionale e sottoposto ad un primo interrogatorio. L’avvocato di Karadžić, Svetozar Vujakić, ha dichiarato che il suo assistito ha definito l’interrogatorio una «farsa» .
Da quando si trova all'Aja, Karadžić ha adottato la “strategia della lumaca”:
alla seconda udienza preliminare in vista del processo si è rifiutato di esprimersi in merito a ciascuno degli 11 capi di imputazione contro a suo carico. "Non mi dichiarerò in linea con la mia posizione nei confronti di questa corte", ha detto in merito alla prima accusa, quella di genocidio, riferendosi alla sua sfida alla legittimità del tribunale. Iain Bonomy, il presidente della corte, gli ha chiesto se questa posizione si riferisse a tutti i capi d'accusa, ottenendo come risposta da Karadzic un fermo e risoluto: "Assolutamente sì". La corte ha quindi dedotto che l’intenzione di Karadzic è di dichiararsi non colpevole.
“È evidente che Karadzic cercherà di rimandare l'inizio del processo e di utilizzare il tribunale come tribuna e megafono per rendere pubblico il suo punto di vista sul conflitto”, ha pronosticato Andre de Hoogh, professore di legge all'università di Groningen. Allo stesso tempo, i giudici delle Nazioni Unite cercheranno di velocizzare le operazioni per evitare che accada quello che è accaduto nel processo a Milosevic, durato quattro anni, con 300 testimoni, per poi concludersi con la morte dell'imputato nel 2006, a processo ancora aperto.
L’ex presidente dei serbo bosniaci ha inoltre deciso di difendersi da solo. Carla Del Ponte, ex procuratore capo del Tribunale, ha messo in guardia contro i rischi legati al consentire il ricorso all'autodifesa: “Il principio della difesa svolta personalmente dall’imputato offre un’opportunità troppo vasta di trasformare il banco degli accusati in un pulpito per comizi, e il processo in un circo politico”.
Il processo a Radovan Karadžić potrebbe durare anche cinque o dieci anni, ma il Tribunale dell’Aja non ha tutto questo tempo. Vi regna infatti un clima generale di incertezza sul futuro visto che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha fondato per i crimini in ex-yugoslavia l'ICTY (Tribunale Penale Internazionale per l'ex-Jugoslavia), ha deciso che il Tribunale deve chiudere entro il 2012.
Rischia così di infangarsi sempre di più il processo ad uno spietato Hitler dei giorni nostri, che dalla sua sedia continua a farsi beffe di tutti coloro che hanno perduto qualche caro tra quelle migliaia di vittime che la sua folle volontà ha prodotto. Vittime che continua a negare e ridicolizzare con ironico cinismo, a tal punto da definire “esagerato” chi gli ricoda quei 7.800 caduti di Srebrenica.
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