mercoledì 27 gennaio 2010

Zone al buio

Poco più di dieci anni fa, a Milano, entrava per la prima volta in Italia la tecnologia ADSL, destinata a mandare in pensione i vecchi modem che consentivano una velocità massima di 56 kb/s. L'ADSL infatti ha permesso di aumentare di due ordini di grandezza (dalle decine alle migliaia) la velocità in connessione.
Negli ultimi anni si è avuto un boom dell'utilizzo di internet, tutte le potenzialità della “rete” sono venute fuori. Quali potenzialità? Solo per fare alcuni esempi: la sua capacità di semplificare la burocrazia, la facilità con cui si può imparare, il risparmio nel gestire affari per via telematica, l'accesso ad un più ampio spettro di canali di informazione.
Tuttavia, in Italia non si è avuto un vero e proprio investimento nelle infrastrutture telematiche.
Apparentemente, questo non sembra così grave, e invece, specie sul lungo periodo, è determinante: investire nelle infrastrutture per modernizzare la rete Internet ed estenderla a tutti i cittadini significa creare le condizioni per uno sviluppo economico quanto mai necessario soprattutto nella fase di incertezza che ha colpito tutti i mercati mondiali e tutti i settori di produzione. Secondo un recente studio, se Internet sarà estesa e potenziata, si potrebbe creare entro il 2015 circa un milione di posti di lavoro e generare una crescita delle attività economiche stimata sugli 850 miliardi di euro.
Ancora oggi, sono moltissimi i piccoli centri, frazioni di comuni o altre aree rurali, che non hanno la copertura, ossia sono fuori dal raggio d'azione di una centrale. Queste zone per non restare tagliate fuori devono ricorrere a dei privati, se ce ne sono, che forniscono la banda larga attraverso altre tecnologie, come il wireless.
Il più importante freno alla copertura totale è economico: ogni centrale dovrebbe soddisfare un numero minimo di utenze, perciò vengono prima coperti i comuni con una densità di popolazione maggiore, rispetto a quelli con densità minore, e questo spinge la Telecom lasciare “al buio” interi paesi.
Purtroppo questa ingiustizia è del tutto legale, infatti il Decreto del Presidente della Repubblica 318/97 sancisce che tutti i cittadini italiani devono avere a disposizione
«la trasmissione di dati nella banda vocale attraverso modem ad una velocità minima di 2.400 bit/s, in base alle raccomandazioni dell'UIT-T della serie V»

Avete letto bene: 318/97 (risale al 1997 ). Ovviamente la velocità minima per legge è del tutto inadeguata ai moderni contenuti di internet. In realtà la legge è stata scritta con la predisposizione a un aggiornamento tecnologico a intervalli regolari di due anni. Contrariamente a questo presupposto invece la legge non è stata più aggiornata, con effetti sotto gli occhi di tutti coloro che non sono coperti.
Un anno fa, l'Unione Europea si mosse: preparò finanziamenti per un miliardo di euro destinati interamente per l’estensione e il rinnovamento delle reti broadband, con l’obiettivo di portare la banda larga anche a quelle aree rurali e meno popolose ancora escluse dall'internet veloce.
La Commissione Europea voleva garantire una copertura del 100% entro il 2010 per l’intera popolazione della UE e definì l’obiettivo come un imperativo economico e sociale.
A sentirlo ora vien da ridere.
Attualmente il governo non ha intenzione di potenziare la rete Telecom, ma di promuovere il coinvolgimento di operatori privati, incoraggiandoli con un finanziamento pubblico.
Si tratta di una soluzione sicuramente più economica sul breve termine. Speriamo che sia sufficiente all'Italia per colmare il suo gap tecnologico.
Quello che maggiormente mi preoccupa è che, a parer mio, il governo non si è ancora reso conto che questa deficienza strutturale diventerà determinante nel giro di pochi anni, e che continui a vedere internet come un simpatico giochino elettronico, non come un'opportunità.

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